Approfondimenti

Che razza di bastardo, incontro con Massimo Raviola / di Sabrina Parretti

Incontro con il Dr. Massimo Raviola, medico veterinario, autore del libro “Che razza di bastardo”

Firenze – 9 Febbraio  2019 – Oratorio dei Salesiani – Conduce Camilla della redazione di Restiamo Animali 

Resoconto di Sabrina Parretti

Alle ore 19,30, presso la sala dell’Oratorio dei Salesiani, in Via Gioberti 33 a Firenze, si è svolto l’incontro con il Dr. Massimo Raviola, medico veterinario torinese che, attraverso la presentazione del suo libro “Che razza di bastardo”, vuole sensibilizzare i medici veterinari ed i possibili acquirenti di animali su un tema così delicato e di cui poco si parla, che è quello della “razza” e delle manipolazioni tecniche e genetiche effettuate sugli animali per ottenerla.

Camilla introduce la serata, riepilogando i due precedenti incontri della stagione 2018/2019 organizzati dalla redazione Restiamo Animali: con il Dr. Francesco De Giorgio, etologo, il 30/11/2018 e con il Prof. Luigi Lombardi Vallauri e la D.ssa Isabella Corazzini il 30/01/2019. Quello di stasera è il terzo incontro e prevede la presenza del Dr. Massimo Raviola. A volte possiamo vedere ai veterinari come ad una categoria “avversaria” (si pensi a quelli che lavorano nei mattatoi, negli allevamenti intensivi, ecc. che si prestano alle peggiori pratiche in nome del profitto), quella di stasera, del Dr. Massimo è invece una voce che si avvicina alle nostre posizioni, speriamo che non rimanga una voce isolata. Lo ringrazia per essere venuto appositamente da Torino e gli cede la parola.

Dr. Massimo Raviola riferisce che esercita la professione di veterinario da 25 anni e che quando ha iniziato era normale parlare di animali “di razza”, era normale tagliare orecchie, code, ecc. per rispettare certi canoni estetici. Strada facendo, ha iniziato ad avere dei dubbi se fare ciò era davvero lavorare per il benessere dell’animale, pur se consentito (allora) dalla legge. Ha cominciato a pensare che la selezione della razza è invece una forma di maltrattamento subdola ed ha poi scritto questo libro, dal titolo un pò forte: “Che razza di bastardo” (sottotitolo: cani, gatti e maltrattamento genetico. Un passo verso l’adozione consapevole).

Attraverso delle slide, ci mostra la foto di un cane adulto e di alcuni cuccioli di razza bulldog, il cui muso schiacciato in realtà è una grave distrofia, una alterata conformazione del teschio che causa difficoltà di respirazione e spesso li condanna a morte per soffocamento. 

Esiste un documento dell’Unesco, approvato a Parigi nel 1950 circa la “dichiarazione sulla razza”, esso è il primo ad aver negato ufficialmente il concetto di “razza”.

La classificazione tassonomica degli esseri viventi è la disciplina che si occupa di studiare la classificazione degli esseri viventi; essa prevede che, partendo dal regno animale, si arrivi alla specie ma non prevede la razza, che è una cosa inventata dall’uomo, che non esiste in natura. Al momento sono riconosciute circa 350 razze e sono la conseguenza di una prolungata selezione. Il legame fra l’uomo e il cane è un legame antichissimo e molto stretto, con il gatto è avvenuto più tardi. La prima forma di selezione era utilitaristica: si selezionavano gli individui più idonei a svolgere particolari lavori (guardia, caccia, ecc.) ma sempre tenendo in considerazione la loro salute, non sarebbero stati utilizzabili se non sani. Invece a metà ‘800, nel periodo della rivoluzione industriale, con la riduzione dell’uso di animali, nel Regno Unito si cominciò a selezionarli per la compagnia, dovevano solo piacere esteticamente.

Il mondo cinofilo ormai è diventato un mercato. Sappiamo bene che la selezione genetica ha colpito anche l’umanità: il nazismo ne è un esempio e ciò nonostante che la scienza dica che è impossibile dimostrare l’esistenza di razze in natura.

Il concetto di razza nacque nel 1875 all’interno del Kennel club, con l’incrocio di consanguinei, per le mostre cinofile. Tale pratica è esattamente l’opposto di quanto prevede la selezione naturale e cioè la biodiversità, il lussureggiamento degli ibridi. Le razze, in realtà, sono  sottospecie, la selezione effettuata dall’uomo è contro natura. A fronte di 350 razze riconosciute, esistono 400 patologie tipiche delle razze! Addirittura i veterinari possono disporre di testi di patologie organizzati per razza: le patologie del labrador, del pastore tedesco, ecc. Il labrador, per esempio, può presentare fino a 30 patologie. Queste spesso portano dolore e disagio nell’animale. Si tratta di un vero e proprio maltrattamento genetico consentito dalla legge. Patologie che in natura sarebbero occasionali, si presentano invece in modo sistematico nei soggetti di razza. Perchè facciamo tutto questo? Solo per fini estetici. In natura le anomalie sarebbero eliminate, noi invece le alimentiamo. Dovrebbe nascere un’etica della “domanda”degli acquirenti: chi decide di prendere un animale, dovrebbe cambiare prospettiva. E’ tutto un problema culturale.

Cita l’esempio della displasia dell’anca del pastore tedesco. I medici per umani eseguono l’operazione dell’inserimento della protesi essenzialmente in soggetti anziani, quando è usurata. I medici veterinari invece intervengono spesso anche su soggetti giovani, già invalidati.

La scelta di un animale dovrebbe avvenire su altri principi, dovrebbe essere il solo desiderio di aggiungere un elemento alla famiglia. E’ stato selezionato il gatto persiano, che ha difficoltà respiratorie e anche cani piccolissimi che stanno in una tazza da tè, i “tea cups dogs”, mentre sappiamo che in natura le dimensioni medie del cane vanno tra 20/25 Kg.

Il Dr. Massimo mostra delle immagini del Circo Barnum che esponeva dei veri e propri individui deformati (es: the elephant man, ecc.) che in realtà erano malformazioni; la stessa cosa si fa nelle odierne mostre di animali di razza.

La F.C.I. (Federazione Nazionale Cinofila) si occupa di produrre cani di razza, produce selezione razziale di animali per il mercato; sono fabbriche di animali, con tutte le caratteristiche dell’impianto industriale: se ci sono prodotti “di scarto”, cioè animali non corrispondenti alle caratteristiche richieste, che fine fanno? E che fine fanno le “fattrici”, le femmine che vengono fatte partorire di continuo, quando non ce la fanno fisicamente più? Inoltre I cuccioli vengono venduti piccolissimi, per due motivi: sono più carini per il mercato e smettono di essere un costo per l’allevamento.

Quante persone sanno tutto questo? La maggioranza dei veterinari, un pò per convenienza ma forse ancor più per inedia, tollera tutto ciò. Ma è l’acquisto di un animale che è aberrante: l’animale si adotta, non si compra! In questo quadro, il legame strettissimo fra uomo e cane è stato completamente stravolto. L’unica soluzione è l’abolizione del razzismo: non ci sono animali belli o brutti, di razza o bastardi, un cane è un cane e basta. Allevare un animale è un atto di responsabilità, non un’esibizione. Tutti gli animali hanno pari dignità e una nuova spinta culturale deve eliminare i termini di “razza” e di “bastardo”. Cinofilo dovrebbe essere chi ama e ricambia la fedeltà del cane, non chi si occupa della sua razza.” La soluzione adesso non è eliminare le razze ma eliminare il razzismo e questo vale non solo per cani o gatti ma anche per altri animali, queli degli allevamenti alimentari e a tale scopo ci mostra le immagini di un suino e di una mucca ingrassati a dismisura per il mercato.

Conclude ribadendo che il problema è soprattutto quello di una concezione materialistica, tipica occidentale, che dà valore economico a tutto, facendo diventare merci degli esseri viventi.

Si passa quindi alla fase delle domande dei presenti:

  • qualcuno domanda se la selezione viene fatta anche sui cani da lavoro. Il Dr. Massimo risponde che per tale tipologia, si tratta di pochissimi numeri; si fa per esempio su quelli delle Forze dell’Ordine, dove si scelgono gli individui più sani e più robusti.
  • Camilla riferisce che l’unica querela avuta, come redazione di Restiamo Animali, nel loro lavoro di trattazione di argomenti inerenti gli animali, è arrivata a seguito di loro considerazioni fatte in merito a una mostra felina, a testimonianza dell’accanimento di “certi professionisti” per la salvaguardia dei loro interessi economici. Chiede poi al relatore quali sono le patologie più “tragiche”? Il Dr. Massimo risponde che sono sicuramente quelle cardiache e cita l’esempio dei cani “Cavalier King”, tutti loro dai 2/3 anni in poi sviluppano patologie cardiache mentre i “Labrador” e i “Pastori tedeschi” sviluppano soprattutto patologie ortopediche. Unica nota positiva è che nel Regno Unito, dove iniziò il concetto di razza, è nata adesso un’associazione di veterinari contro il brachicefalismo (conformazione della testa più larga che lunga, con conseguente ostruzione delle vie aeree).

 

  • Interviene il Prof. Luigi Lombardi Vallauri per dire che lui proporrebbe due tipi diversi di laurea in Veterinaria: una che si occupa del benessere animale e una per quelli che lui definisce i “notai” dei macelli, degli allevamenti intensivi, ecc. Ha esposto questa idea ai suoi studenti e l’85% di loro sarebbe favorevole al primo tipo di laurea.

Il Dr. Massimo condivide questa evidente frattura esistente nel mondo veterinario e delladifficoltà anche di attuare una eventuale “obiezione di coscienza” per i veterinari che si trovano ad operare in strutture pubbliche. Per i veterinari privati è più facile e lui stesso, tanti anni fa, scelse di cessare di fare tagli di code o orecchie. 

A tal proposito Camilla riferisce di aver sentito dire che in California c’è una legge che prevede il divieto di mostra di animali nei negozi. 

Il Dr.Massimo asserisce con forza che un essere vivente non si può vendere!

L’incontro termina con i ringraziamenti di tutti i presenti che si recano poi ai tavoli per la consueta, ottima  cena vegana, curata dal vegan chef Gabriele Palloni e dal suo staff.

Sabrina Parretti

 

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