Pubblichiamo questo ricordo di Ciro-Fritz scritto da Annamaria Rivera, antropologa, autrice e attivista antispecista, amica della redazione di Restiamo animali.
di Annamaria Rivera
Era un gatto di una bellezza notevole: alto e di corporatura tanto robusta quanto elegante, fulvo nella parte superiore del manto, bianco in quella inferiore. Soprattutto era di una tale sensualità che, sebbene sterilizzato, di notte usava rincorrere Ivan, il più giovane dei nostri gatti, per tentare di montarlo. E Ivan cercava di sottrarsi, ma ̶ come avrei scoperto dopo ̶ in fondo apprezzava quel gioco.
E non solo: allorché ospitavamo delle donne, era solito non solo dormire con loro, ma anche rubarne il reggiseno, che nascondeva da qualche parte per poi annusarlo e mordicchiarlo ripetutamente nel corso del tempo, fino a quando s’era ormai sfilacciato.
Aveva anche inventato e ci aveva imposto un paio di rituali serotini le cui regole, stabilite da lui, occorreva rispettare fedelmente.
Aveva otto anni e si chiamava Ciro-Fritz, un appellativo ironico che avevamo inventato per lui, dopo che alcune/i amiche e amici avevano obiettato che Fritz (dalla commedia lirica L’amico Fritz di Mascagni) suonasse troppo “crucco”. Lo avevamo, quindi, abbinato al nome più “terrone” possibile. A lui il binomio sembrava piacere molto, tanto che reagiva solo se lo si chiamava con entrambi i nomi.
Quanto a indole e carattere, solare è l’aggettivo che gli si addiceva di più: era socievole, mite, gioioso, così da camminare costantemente con la coda ritta, qualunque cosa gli accadesse intorno. Ed è in tal modo che si aggirava nel giardino condominiale in quel giorno di giugno del 2012 in cui c’imbattemmo in lui, evidentemente abbandonato da qualcuna/o. Più tardi avremmo scoperto che un’autentica collezionista di gatti era solita liberarsi di tanto in tanto di una o dell’altro, gettandoli dalla finestra del suo appartamento (per fortuna, abitava a un piano rialzato).
Non esitammo un attimo a portarcelo a casa: lui se ne mostrò assai contento e subito fraternizzò con suoi tre simili, cui più tardi si sarebbe aggiunto il piccolo Ivan, reduce da una terribile disavventura: non ancora svezzato, era rimasto imprigionato per un’intera giornata nel motore di un’auto proveniente da un quartiere ben lontano dal nostro. Con il concorso del vicinato, dopo vari tentativi falliti, infine, a sera, era stato liberato da un paio di carabinieri abili e compassionevoli. E, com’era prevedibile, fu a noi che venne affidato.
Quanto a Ciro-Fritz, credevamo d’averlo salvato, per garantirgli una vita sana quanto piacevole, felice quanto lunga. Invece, un destino malvagio ha tramutato la solarità che gli era propria in una cupa tragedia. All’alba dell’11 settembre 2020 abbiamo ricevuto la telefonata di una persona che, sconvolta, ci avvertiva che il nostro meraviglioso rosso giaceva, ormai cadavere, nel giardino condominiale.
Che sia precipitato dall’unico balconcino del nostro appartamento (forse chiuso per errore), nel tentativo di raggiungere al volo la finestra più vicina, che peraltro era chiusa, onde rientrare in casa; o che, uscito di soppiatto dalla porta d’ingresso mentre noi rientravamo, si sia imbattuto in qualche malintenzionato odiatore di gatti, che potrebbe averlo lanciato nel cortile, non è facile da stabilire.
A noi resta l’angoscia insuperabile della sua assenza. Quanto a Ivan, che, lamentandosi, continua a cercarlo incessantemente, soprattutto di notte, immagino provi, per la seconda volta, qualcosa di simile al senso di orfanità.
Ciro-Fritz ha avuto la fortuna di incontrarti. Almeno ha vissuto una bella vita per il tempo che gli è toccato in sorte, il che non è facile né per un gatto né per gli umani.