L’Expo è l’evento mediatico dell’anno. In realtà è una fiera, ma è stato caricato di significati e di aspettative enormi: chi vede Expo come l’occasione per la rinascita morale del paese; chi come veicolo di investimenti dall’estero; chi come punto di svolta per la nostra economia.
Expo si occupa anche di cibo, con l’altisonante slogan “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, ma in fondo non fa che celebrare il sistema economico, sociale e politico esistente; non prefigura nulla di nuovo e tanto meno di rivoluzionario per un pianeta avviato sulla via della irrimediabile distruzione delle risorse e sulla crescita costante delle diseguaglianze e delle ingiustizie.
Poi ci sono le “carte”, i documenti che Expo sostiene di voler consegnare al mondo come traccia della sua esistenza e promessa di un futuro radioso. La Carta di Milano è il documento ufficiale; il Manifesto Terra viva è invece la carta del greenwashing di Expo, elaborato dalle organizzazioni che hanno accettato di fare parte di Expo dei popoli, il padiglione “alternativo” ammesso all’interno della fiera.
Sono carte, entrambe, degne di considerazione, ma destinate a rimanere tali, visto che Expo non prefigura alcuna svolta. Quanto alla questione animale, è praticamente assente in entrambe, salve una goffa citazione del “benessere animale” nella Carta di Milano e un’enunciazione impegnativa, ma senza seguito, nel Manifesto Terra viva, nel quale si menziona il diritto a un’equa ripartizione delle risorse fra le diverse specie. L’antispecismo non abita all’Expo, ma dovrà darsi da fare per dire la sua sul cibo, l’agricoltura e la sfida di nutrire il pianeta.
Il nostro commento è qui sotto:
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