Approfondimenti

Excalibur, Loukanikos e altri amici (?) dell’uomo

Parliamo di cani, cioè di un animale che spesso viene definito come “il miglior amico dell’uomo”. Si stima che in Italia vi siano circa 7 milioni di cani domestici. Sono quegli animali – con i 7 milioni e mezzo di gatti – che potremmo definire, con espressioni riprese da Primo Levi, i “salvati”, rispetto alla moltitudine di “sommersi”, cioè gli animali che non hanno il privilegio d’essere considerati di affezione.

La linea di demarcazione fra sommersi e salvati, come ci insegna Levi e come apprendiamo di continuo nella vita, è tuttavia instabile e mutevole, e può capitare a chiunque di passare da una parte all’altra, più facilmente – diciamo meglio – dalla parte dei salvati a quella dei sommersi.

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E’ accaduto nei giorni scorsi al cane Excalibur, per il quale si sono mobilitate invano decine di migliaia di persone, in Spagna e altrove. Exaclibur è il cance che conviveva con l’infermiera infettata dal virus Ebola e con il marito di lei: la donna è stata ricoverata in ospedale per le cure, che per fortuna sembrano avere qualche effetto, e il marito per un periodo di osservazione. Excalibur è rimasto a casa a Madrid e invano i suoi due umani di riferimento hanno tentato di salvarlo dalla decisione delle autorità spagnole, che hanno ordinato di ucciderlo.

Un provvedimento insensato sotto il profilo sanitario, visto che non è stato verificato se Excalibur avesse contratto l’Ebola, né che il virus possa trasmettersi dai cani agli umani. E’ stata anche scartata l’ipotesi di buon senso di tenere Excalibur in quarantena, per un periodo di osservazione. Niente. Excalibur, ufficialmente per ragioni precauzionali, è stato condannato a morte senza appello e senza motivo, se non per l’evidente intento delle autorità sanitarie e veterinarie di mandare alla cittadinanza un messaggio di risolutezza: vedete, siamo pronti a tutto per la vostra sicurezza, non esitiamo di fronte alle scelte più radicali.

La vicenda di Excalibur mostra dunque quanto sia fragile la posizione dei cani nella nostra società: sono vezzeggiati e accolti in milioni di famiglie, ma permangono rudi riflessi condizionati, di natura antropocentrica e in questo caso anche autoritaria, che possono ribaltare in un niente lo stato delle cose.

Per la cronaca è andata meglio negli Stati Uniti a un altro cane, anche lui compagno di vita di un’infermiera che ha contratto il virus Ebola: lì è stato deciso di metterlo in quarantena.

Brutte notizie per la condizione canina arrivano anche dall’Aidaa, Associazione italiana difesa degli animali e dell’ambiente. Nel suo consueto rapporto sugli abbandoni, l’Aidaa ha registrato quest’anno un cospicuo aumento dei casi. La ricerca è condotta su cento fra canini e rifugi: nel 2014 i cani abbandonati davanti a loro cancelli sono stati 22mila, circa 220 l’uno, contro i 20mila dell’anno precedente. Il 10% in più. Che sia un effetto della crisi? Possibile, visto che in periodi di recessione gli individui più deboli sono i più esposti: accade fra gli umani – con particolari dinamiche di potere e di ricatto sociale – e accade anche fra gli animali.

Allora vogliamo chiudere questa puntata ricordando Loukanikos, il bellissimo cane dal mantello fulvo reso celebre da tante immagini e tanti filmati sulle manifestazioni ad Atene contro le politiche di austerità imposte dalla troika. Loukanikos era sempre in prima fila. Ci sono foto che lo ritraggono solo che abbaia a una fila di poliziotti con scudi e manganelli. Diventò un simbolo delle rivolte, tanto che il settimanale Time, nel 2011, lo indicò fra le maggiori personalità dell’anno. Loukanikos è morto all’età di dieci anni, forse anche per effetto dei tanti gas lacrimogeni respirati durante la sua carriera di attivista. E’ morto ospite di una famiglia che lo avava adottato: lo ricorderemo come un sommerso che ha fatto il possibile per la liberazione sua e di tutti gli altri, animali e no.

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