Approfondimenti

Processo all’etologia, incontro con Francesco De Giorgio / di Sabrina Parretti

Incontro “Processo all’etologia” con etologo Dr. Francesco De Giorgio

Firenze – 30 Novembre  2018 – Oratorio dei Salesiani

Conduce Camilla Lattanzi della redazione di Restiamo Animali.

Resoconto di Sabrina Parretti

Alle ore 20,30, presso la sala dell’Oratorio dei Salesiani, in Via Gioberti 33 a Firenze, si è svolto, accompagnato dalla consueta cena vegana, curata dal vegan chef Gabriele Palloni, l’incontro con il Dr. Francesco De Giorgio, biologo, etologo, naturalista ed attivista, esperto di cognizione ed etica animale.

Camilla introduce la serata, elencando quelle che saranno le portate della cena. Siccome tra i presenti stasera ci sono diverse “facce nuove”, dà un breve cenno di chi sono gli organizzatori della serata e cioè la redazione di “Restiamo Animali”. Questa è composta da  alcuni  giornalisti che da anni si impegnano sulle tematiche animaliste e vegan e lo fanno in varie modalità, sia attraverso la radio, sia organizzando periodicamente questi incontri culturali, incontri che fino all’anno scorso si svolgevano presso la Casa del Popolo di Settignano e successivamente in questa sede.

L’ospite di stasera Camilla lo ha conosciuto attraverso un’intervista che gli ha fatto una collega giornalista ed ha voluto invitarlo stasera per esporci questa nuova tematica dell’approccio agli animali. Infatti, dopo la caduta del Ponte Morandi a Genova, è nata sui social un’accesa polemica sui “cani da…”: cani da ricerca persone disperse, cani guida per ciechi, cani da salvataggio, da pastore, ecc. Ci sono stati sui social attacchi verbali violenti contro gli addestratori e contro l’etologia, per l’uso che viene fatto degli animali, perchè viene fatto loro anche rischiare la vita nelle ricerche, tutto per il solo beneficio dell’uomo. L’ospite di stasera rappresenta una di queste voci “eretiche“, che mette in discussione questo approccio e che è qualcosa di cui non si parla mai, dandolo per scontato. La scienza dell’etologia e le sue rivelazioni, per esempio, permette all’uomo di ottenere il massimo profitto da una mucca che ha partorito da poco e che produce più latte se ha vicino il proprio vitellino, pur se questo non le viene fatto attaccare, come avviene negli allevamenti.Camilla chiede a Francesco qual’è la sua vita “vissuta” in tal senso e quali episodi gli hanno fatto prendere una posizione così diversa da quella ufficiale.

Dr. Francesco De Giorgio dice di percepire il suo “se” come “animale”, ha sempre avuto una propensione verso l’animalità, anche umana. Lui, nato nei pressi di Salerno, fin da piccolo  ha avuto vicinanza con i cani di quartiere. Ricorda quando, negli anni 70/80, arrivava l’accalappiacani  e di come i suoi amici lo avvertivano di questo, così che lui scappava con  i due cani Nerone e Lunedì verso i campi, a nascondersi per salvarli.

Ritiene che un etologo debba essere per prima cosa un attivista. Lui ha iniziato con attività di disturbo ed antibracconaggio sullo Stretto di Messina e sulla spiaggia davanti a Paestum. All’epoca la facoltà dove si studiava Etologia c’era solo a Pisa, Firenze, Parma e Pavia.Lui voleva andare a studiare dall’ etologo Danilo Mainardi, al quale scrisse una lettera ma senza troppe speranze. Invece dopo 10 giorni arrivò la risposta del famoso etologo il quale gli consigliò di studiare due anni a  Napoli e poi di andare a Parma a fare la tesi con lui.

Durante l’Università ebbe i primi conflitti interiori, fece obiezione di coscienza agli esperimenti in laboratorio di Fisiologia. Ebbe un voto basso (23) ma per lui quel basso voto fu motivo di fierezza, quale espressione del suo rifiuto. Successivamente si dedicò all’attivismo, soprattutto verso gli animali più vicino a noi, cani, cavalli. Non ha mai fatto differenziazione tra animali domestici e non domestici; non vede in un cane la razza ma un cane con un proprio retroterra. Oggi anche in paleontologia si comincia a parlare di “comportamenti sociali” anche fra dinosauri, non sono più rappresentati da sole immagine terrifiche e sanguinarie di lotte fra loro.

Tutto questo lo ha portato a fare delle scelte: invece di rendere un cane addomesticato, vuole “rendergli i suoi pensieri”. Riferisce l’episodio di quando, per esempio, ha curato una delle sue capre e dell’attenzione all’episodio che ha avuto il suo gatto, dimostrando una vera partecipazione.

E’ importante trasmettere l’ idea dell’animalità e di come questa viene persa nell’addestramento.

Gli animali sono per loro natura già cognitivi, un cavallo selvatico è cognitivo. Il cane nell’addestramento impara a dare risposte ma perde la capacità di dire “no”. NO come atto di resistenza animale. Nel Nord Europa, e soprattutto in Olanda, che lui conosce benissimo per averci abitato, gli abusi sugli animali esistono, sono solo più nascosti rispetto a quanto è visibile nei Paesi mediterranei.

Camilla pone la questione: gli animali hanno un loro sentire, il problema è la nostra capacità di ascoltarli. L’etologia “classica” afferma di fare proprio questo, di osservare l’animale per capirlo.

Francesco ritiene che a forza di leggere il cane dal suo comportamento, si rischia di perdere il concetto del cane! Bisogna guardare alla soggettività del soggetto. Rinunciare ad addestrarlo perchè riconosci la sua soggettività.

Spesso facciamo confusione fra Etologia e Behaviorismo. L’etologia classica era interessata ai comportamenti spontanei degli animali mentre i comportamentalisti americani degli anni 50 tendevano a stimolare i comportamenti e/o ad osservarli in laboratorio e non nel loro habitat naturale. C’erano conflitti fra queste due discipline. Frans De Waal, zoologo ed etologo olandese studiava l’empatia con le scimmie in laboratorio!

Camilla ricorda che sono stati fatti dagli psicologi esperimenti molto crudeli, delle vere e proprie torture per gli animali, tipo quelli relativi alla “teoria dell’attaccamento”.

Fa poi una breve divagazione sul tema per presentare lo staff della cucina e per spiegare perchè la Cucina Vegan è “cruelty free”, cioè senza violenza sugli animali.

Tornando sul tema della serata, chiede a Francesco come lui riesca a trasmettere nella pratica questo principio di coesistenza fra tutti gli esseri viventi.

Francesco spiega che parte dal concetto di collaborazione fra uomo e animale che lui personalmente non condivide. Si parla spesso della mitologia della collaborazione ma quando parliamo di animali si parla sempre di forme di lavoro che essi svolgono per l’uomo: l’asino che tira il carretto della raccolta differenziata, o che mangia l’erba superflua delle aiuole, ecc. Ma gli animali, il cane ed altri sono già socialmente competenti. Si parla spesso, soprattutto per i cani e per i cavalli, di “socializzazione” ma questa avviene in un ambito forzato e non significa “sociale”. Un animale può avvicinarsi ad altri suoi simili facendo un percorso personale di inclusione, oppure può scegliere  di avvicinarsi ad altre soggettività, invece che a propri simili. I cani che si conoscono, che fanno esperienze insieme producono energia che fluisce, mentre animali stressati, costretti ad approcci, vanno in conflitto fra loro. Francesco ed un suo studente, per far meglio capire questo concetto, mimano l’ atteggiamento fisico, di fronte ad un elemento sconosciuto, di due cavalli in armonia fra loro ed il diverso atteggiamento, sempre di fronte allo stesso elemento sconosciuto, di due cavalli invece stressati. Questi ultimi entrano in conflitto e finiscono nello scontro.

Camilla chiede cosa possiamo fare per fare “sindacalismo animale”, cosa dire ai nostri interlocutori?

Francesco afferma che lui può ispirare, dare un esempio ma non cerca mai di convincere le persone. Il benessere degli animali è un argomento attuale ma spesso, anche in ciò, l’animale viene comunque sopraffatto. Esiste un colonialismo turistico, per esempio: si va in Mongolia per cavalcare i cavalli laggiù e poi si criticano le modalità di cavalcata locali, volendone importare altre diverse e migliori. Il concetto di benessere è diventato una spinta di riforma che però non abolisce l’uso dei cavalli; le oppressioni etiche sono più pericolose di quelle tradizionali perchè mantengono uno status quo. Riferisce di aver scritto 3,4 libri e legge un brano del suo ultimo che si intitola “Nel nome dell’animalità” (sottotitolo: di cavalli, cani, umani ed altri animali). Riferisce sorridendo delle critiche di un editore per l’ordine sparso dato ai soggetti del sottotitolo, in cui l’umano non è al primo posto..

Conclude dicendo che la soggettività di un animale è un fatto biologico, frutto di generazioni.                   

Camilla esprime la sua sensazione, il dubbio che di animali ne parliamo troppo, che ci occupiamo troppo di loro ma nel modo sbagliato?

Francesco sul tema animali, la sua visione è andata ampliandosi nel tempo e focalizza queste necessità: riduzione degli allevamenti intensivi e abbandonare la visione romantica dell’animale domestico: troppa domesticazione instaura un rapporto di schiavismo.

Esprime due concetti:

Libertà, che è un’immagine e può essere anche falsata

Liberazione, che è un processo di lotta.

Siamo giunti quasi al termine dell’incontro, Camilla elenca le date e gli argomenti dei prossimi appuntamenti e chiede infine a Francesco: come vede una società umana che coesiste con le altre specie?

Francesco risponde che ci sono umani sono “troppo umani”, che hanno troppe sovrastrutture, fisiche e mentali. Poi ci sono anche umani “meno umani”, che cambiano stile di vita e che vanno verso l’animalità. Una chiave di lettura, la sola che possa guidarci, può darcela una filosofia non umanista.

Dobbiamo preservare la nostra animalità per riuscire a coesistere. Una coesistione basata non tanto sull’amore o il rispetto, quanto nel riconoscere la nostra animalità.

L’incontro ha quindi termine alle ore 23,40.

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