Approfondimenti

Essere vegan oggi / di Lorenzo Guadagnucci

Il 1° novembre si è celebrato il World Vegan Day, nelll’anniversario della nascita in Inghilterra della Vegan Society

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Donald Watson coniò la parola Vegan nel 1944, a seconda guerra mondiale ancora in corso, e si potrebbe pensare a una bizzarria: in tempi così difficili, anche sul piano aliementare, preoccuparsi di ridefinire che cosa debba intendersi per cibo davvero vegetariano, può apparire quasi blasfemo. In realtà Watson guardava lontano: proprio nel bel mezzo di una guerra tanto distruttiva, occorreva pensare al dopo, e la sua proposta andava in una precisa direzione: la riduzione della violenza, attraverso – anche – le proprie scelte personali.

Ma qual è oggi, a oltre 70 anni di distanza, il significato della scelta vegan, compiuta nel mondo da milioni di persone? Non c’è una risposta univoca, anzi.

Diciamo pure che la scelta vegana, di per sé, è compatibile con visioni del mondo assai diverse fra loro, anche quando alla base della scelta vi sono motivazioni etiche e politiche e non banalmente salutistiche. Conosciamo vegani di destra e di sinistra, vegani in pantolofole e vegani in prima linea nell’impegno politico e civile, vegani animalisti e vegani indifferenti. Anche le discussioni culturali e i punti di vista filosofici possono svilupparsi in direzioni assai distanti una dall’altra, per non parlare delle strategie di azione pubblica.

C’è chi è convinto che il vegan si affermerà da solo, perché razionalmente utile anzi necessario alla sopravvivenza del pianeta; chi scommette sulla crescita dei vegani praticanti attraverso l’informazione e la solleticazione del palato; c’è chi vede nella scelta vegan un volano di cambiamento solo se e in quanto parte di un più vasto movimento sociale e politico .

Perciò a noi sembra difficile considerare la scelta vegan come un’identità. Ha poco senso parlare dei “vegani” come se fossero un organismo o un’entità coesa; ha poco senso anche parlare di movimento vegano, vista la varieta dei punti di vista, degli obiettivi, delle forme di intervento sociale e politico, ammesso che intervento sociale e politico vi sia.

Quando si parla della scelta vegan, conviene quindi collocarla di volta in volta nel contesto storico e sociale in cui si dispiega, rinunciando a ogni generalizzazione. Normalmente, quando non è solo un’opzione privata, la collocazione è all’interno del movimento animalista, a sua volta suddiviso in numerose anime, fermo restando che si può essere vegani e non animalisti, ma anche animalisti e non vegani.

Per questa redazione, grosso modo, ma con sfumature significative fra una persona e l’altra, la scelta vegan è una testimonianza di vita e di impegno all’interno di una più larga visione del mondo, ossia all’interno di un più generale progetto di giustizia sociale, un progetto esteso a tutti i viventi, piante incluse, con le varie, specifiche e diversissime esigenze di ciascuna specie e forma di vita. Al fondo c’è un’idea forte di convivenza e cooperazione fra viventi oltre i confini di specie, insomma un ribaltamento dei valori e delle forme di dominio oggi correnti. Insomma, nientemeno che un nuovo patto per la vita sul pianeta.

Un famoso motto di Gandhi diceva: sii il cambiamento che desideri vedere nel mondo. In questo senso l’opzione vegana è un passaggio ineludibile. Ma c’è un altro insegnamento del Mahatma altrettanto e forse più importante: l’idea della nonviolenza come prassi politica che rifiuta e combatte ogni forma di ingiustizia e sfruttamento. “Nessun uomo, diceva Gandhi, può essere attivamente nonviolento e non ribellarsi contro l’ingiustizia sociale, dovunque si verifichi”. E dovunque, per chi abbia a cuore la sorte di tutti i viventi, vuole dire proprio dovunque.

Lorenzo Guadagnucci

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