Perle agli umani

Libri / “Pura razza bianca” di Frank Westerman

PURA RAZZA BIANCA di Frank Westerman

Iperborea Edizioni Pagine 384 Euro 17

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Pura Razza Bianca è un libro sui cavalli lipizzani, meglio conosciuti come i “Cavalli danzanti”, scritto da un giornalista di guerra (non certo un animalista) che non si limita a descrivere gli infiniti maltrattamenti, principalmente di tipo genetico, che sono stati perpetrati nei loro confronti. In effetti, in quasi quattrocento pagine, sono pochissime le righe che fanno riferimento al duro e cruento addestramento da loro subito.

Per intenderci, i cavalli lipizzani, così chiamati perché nascono a Lipizza (oggi in Slovenia), sono quelli che nascono neri e dopo otto nove anni diventano completamente bianchi. Si muovono, durante le parate, con estrema leggerezza e regalità in una danza totalmente diretta dal cavaliere, più che cavalli sembrano macchine robotizzate e telecomandate. Sono i cavalli che compiono la tipica impennata controllata, il classico movimento con cui il generale trionfante si presentava davanti al sovrano, la classica posa per i quadri celebrativi e i monumenti equestri. Sono i cavalli che rappresentano l’ideale di purezza e perfezione e sono stati voluti e cavalcati, nel corso della storia, da imperatori, dittatori, ministri, presidenti, regine e cancellieri. Il risultato di selezioni e accoppiamenti di tutti i “migliori” cavalli nel corso della storia, dalla Danimarca all’Egitto. Forti, regali, puri. Un cavallo per pochi, simbolo della nobiltà di sangue.

L’autore compie un affascinante viaggio storico che parte dal primo allevamento imperiale degli Asburgo del 1580 e, attraverso incroci, manipolazioni, eugenetica, guerre e spartizioni dei territori arriva a disegnare un paesaggio che ricorda, in uno strano parallelismo, la delirante ricerca di una razza ariana che determinerà i periodi più bui della storia. Non è un caso, infatti, che il lipizzano purosangue poteva dirsi tale solo se i genitori discendevano da almeno cinque generazioni di lipizzani puri, proprio come per il “certificato di arianità” che pretendeva cinque generazioni ariane per ottenere l’ammissione nelle SS. La stessa spinta a “migliorare la razza” attraverso la selezione e l’esclusione, attraverso l’eliminazione fisica degli imperfetti, dei poveri, dei gay, dei minorati, degli zingari…

Dopo ogni guerra e relative spartizioni, si determinavano i nuovi confini e anche questi cavalli venivano ridistribuiti nelle nuove nazioni. Venivano considerati, infatti, materiale riproduttivo pregiato e salvati più che altro per questo motivo. Anche in tempi più recenti, durante la guerra della ex Yugoslavia si sono mobilitati vari esponenti politici, ma anche dello spettacolo, per salvare i cavalli lipizzani ormai decimati dalla fame e dalle bombe.

Il libro è anche un lungo excursus scientifico sulla storia delle manipolazioni, sulle tecniche usate per dar voce e corpo al desiderio di creare, di modificare, di allineare il vivente alle necessità e agli ideali dei pochi potenti che dirigevano e dirigono le sorti del mondo. Perché partendo dai dibattiti suscitati da Darwin e Mendel l’autore arriva a mostrarci come oggi siano gli algoritmi a determinare l’accoppiamento più adatto dei lipizzani e di come, attraverso la clonazione, sia sempre più frequente riprodurre le perfette fotocopie degli esemplari migliori.

Un’avventura affascinante e drammatica al tempo stesso che penetra anche nell’immaginario popolare attraverso un film degli anni sessanta di Walt Disney: “L’ultimo treno da Vienna”. Si racconta l’operazione segreta e non autorizzata compiuta sul finire della seconda guerra mondiale nel 1945. Il generale americano Patton, infatti, dopo aver visto uno spettacolo di questi cavalli danzanti, volle salvarli a tutti i costi dall’arrivo dei Russi che, a quanto si diceva, ne avrebbero fatto scempio.

Quindi un’intensa riflessione sui più sottili processi di dominio e maltrattamento che, ben lungi dall’essere perpetrati esclusivamente sugli animali, dovrebbero spingerci ad ampliare gli orizzonti di un animalismo superficiale, e che potrebbero essere uno stimolo ad aprire nuovi fronti di resistenza sulla scenario scientifico: là dove i giochi del potere stanno creando la sottomissione del domani.

Pura Razza Bianca è un libro che parla di cavalli, ma non di tutti i cavalli. Viene presa in considerazione una particolare razza, quella dei lipizzani, ovvero cavalli che da secoli vengono allevati utilizzando particolari e sofistiche tecniche di manipolazione genetica per essere i cavalli migliori, quelli destinati ai re e agli imperatori, ai dittatori e a tutte quelle personalità che incarnano la ricerca della superiorità razziale.

I puledri lipizzani nascono neri e solo dopo otto nove anni diventano completamente bianchi incarnando finalmente l’ideale di purezza e perfezione tanto ricercata. E’ impressionante osservare una parata di cavalli lipizzani perché si muovono con estrema leggerezza e regalità in una danza totalmente diretta dal cavaliere, più che animali sembrano macchine robotizzate e telecomandate. Per ottenere un simile risultato si inducono particolari malformazioni come una notevole flessibilità all’altezza della tredicesima vertebra che consente la tipica impennata controllata, il classico movimento con cui il generale trionfante si presentava davanti al sovrano, la classica posa per i quadri celebrativi e i monumenti equestri.

L’allevamento dei lipizzani si perde nella notte dei tempi, ma ufficialmente nasce alla fine del 1500, quando gli Asburgo cominciano, attraverso selezioni ed incroci, a manipolare la razza per ottenere il cavallo perfetto. Ma un Lipizzano purosangue poteva dirsi tale solo se i genitori discendevano da almeno cinque generazioni di lipizzani puri. Ed è proprio da qui che il libro assume caratteristiche sempre più ampie ed interessanti perché questo “certificato di purezza razziale” è proprio identico al “certificato di arianità” preteso durante il Terzo Reich di Hitler per poter essere ammessi nelle SS.

Una curiosa ma non certo casuale coincidenza visto che diverse teorie sostengono che l’idea della razza umana pura e superiore sia stata elaborata proprio osservando e seguendo l’allevamento dei cavalli Lipizzani. La politica razziale di Hitler, in effetti, era stata preceduta da esperimenti su cavalli e mucche, spesso all’interno degli zoo. Si sosteneva che la degenerazione del popolo germanico poteva ancora essere corretta attraverso una selezione mirata, attraverso l’eliminazione fisica dei poveri, dei minorati e l’esaltazione della bellezza dei corpi con la ginnastica e la danza. Un individuo temprato e perfettamente in linea con le necessità, i bisogni e le strategie di chi lo dominava. Proprio come per i cavalli lipizzani sui quali, prima con l’eugenetica, poi con moderni algoritmi che elaborano gli accoppiamenti ideali e poi ancora con la clonazione che consente la “fotocopiatura” degli esemplari migliori, si cerca da secoli di sfogare il medesimo delirio di purezza e perfezione.

E fu proprio Hitler a far allestire il più grande allevamento di cavalli Lipizzani cercando di creare il cavallo militare ideale, capace di resistere a condizioni impensabili anche per le macchine e di raggiungere luoghi strategici con grande facilità. Nella prima guerra mondiale ne vennero utilizzati circa un milione e ogni mese almeno seimila nuovi esemplari dovevano essere pronti per entrare sugli scenari di guerra.

Nel 1945, invece, per salvarli dai soldati russi che, si diceva, li avrebbero mangiati, il generale Patton, con un’incursione non autorizzata entrò in Cecoslovacchia proprio per salvare i numerosi esemplari rimasti. A questo evento venne dedicato anche un film di Walt Disney.

Ma la tormentata storia dei Lipizzani non si ferma qui perché, dopo la guerra, vengono sparsi in piccole mandrie in tutta Europa compresa la Yugoslavia di Tito, che li farà arrivare anche in Russia. Qui verranno utilizzati per diventare i cavalli ideali per l’agricoltura socialista. Subiranno e solo i più dotati verranno fatti riprodurre. Uno stallone lipizzano russo dovrà percorrere 12 chilometri in quaranta minuti, dovrà adattarsi al freddo e alla fame e questo determinerà la morte di stenti e di ipotermia per moltissimi individui.

 

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